Contare non è raccontare


Il Dataismo si presenta con l’enfasi di un secondo Illuminismo. Nel primo Illuminismo la statistica era la disciplina che si riteneva capace di liberare il sapere dal contenuto mitologico. (…) L’imperativo del secondo Illuminismo è: tutto deve diventare dato e informazione. Questo totalitarismo dei dati, o feticismo dei dati, è ciò che anima il secondo Illuminismo. (…) Il Dataismo, convinto di potersi lasciare alle spalle ogni ideologia, è esso stesso un’ideologia: conduce a un totalitarismo digitale (…) una barbarie di dati. (…) Il Dataismo è nichilismo: rinuncia completamente al senso. Dati e cifre sono additivi e non narrativi: il senso invece si fonda sulla narrazione. I dati riempiono i vuoti di senso. (…)
La fede nella misurabilità e nella quantificabilità della vita domina l’epoca digitale nel suo complesso. Anche il quantified self si sottomette a questa fede. Il corpo viene dotato di sensori che automaticamente registrano dati. (…) Mediante l’automisurazione e l’autocontrollo dovrebbe migliorare la prestazione fisica e spirituale. La mera massa di dati così accumulati non risponde però alla domanda: Chi sono io? Anche il quantified self è una tecnica dadaista del Sé, che lo svuota completamente di senso. (…) Per quanto sterminati possano essere, da dati e numeri non si ricava alcuna conoscenza di sé. I numeri non raccontano nulla del Sé. Contare non è raccontare; il Sé, infatti, deriva da un racconto. Non il contare ma il raccontare conduce alla conoscenza di sé.

da Psicopolitica. Il neoliberalismo e le nuove tecniche del potere di Byung-Chul Han