L’ultima beffa delle Grandi Opere viene dal Mose: i rilevamenti di cui ci informa questo articolo de L’Espresso riportano che la subsidenza reale porterà a far affondare l’opera a un ritmo che raggiungerà in tre anni la profondità che era stata prevista in cento. E si parla di un’opera ancora non consegnata. E si parla di numeri spaventosi: 616mila tonnellate di cemento, 5 miliardi di euro.
Questa notizia non fa che confermare i motivi per cui bisogna essere contrari alle Grandi Opere. Non è solo per il potenziale corruttivo intrinseco delle enormi masse di denaro che esse muovono e fanno filtrare attraverso gruppi di controllo relativamente ristretti, ma è principalmente perché dobbiamo essere consapevoli della sconfinata ignoranza umana.
La previsione di tutte le conseguenze di opere gigantesche come il Mose sarebbe al di fuori della portata persino del migliore consesso di saggi, figuriamoci di commissioncelle tecniche divise e sparse per decenni, manovrate da bande di affaristi e di avvocati uno più ignorante dell’altro in materia di scienza e tecnologia.
Sessant’anni fa le Grandi Opere potevano essere considerate imprese affascinanti solo perché ne sapevamo ancora meno, così come credevamo che fumare fosse una figata e la plastica la migliore amica dell’uomo. Ma ora non ci sono scuse. Adesso lo sappiamo che non possiamo assolutamente più permetterci grossi errori, il cui impatto si riverbera globalmente avvelenando la vita per le vie più oscure e a volte forse definitive.
Eppure si continua, si insiste nell’errore, avanti ad annunciare Grandi Opere con baldanza, come se si fosse giovanetti imberbi con tutto il Novecento davanti e non la sua esperienza alle spalle. Quelle enormi masse di denaro dovrebbero essere dedicate a una miriade di piccoli progetti che risolverebbero altrettanti problemi concreti e potrebbero contribuire alla qualità della vita delle persone in modo diffuso, senza la maledizione della imprevedibilità irreversibile e senza il giogo della corruzione. Questa è la modernità, questo è il futuro che ha fatto tesoro del passato. Il resto è ignoranza alleata con la corruzione in un illusionismo retrogrado e catastrofico.
Chi tra cento anni dovrà adeguare o demolire la struttura, penserà molto male di noi. Perché per la rimozione e lo smaltimento dei cassoni dovrà spendere cifre molto vicine a quelle di costruzione.