La beffa di Rousseau


Alla cronaca vera di una grande delusione ormai senza ritorno, grande come le speranze con cui io e tanti altri avevamo votato il MoVimento 5 Stelle, voglio aggiungere l’elemento trascurato da Federico Pizzarotti ma fondamentale per la visione politica del futuro in rapporto alla #calcolabilità: parlo di Rousseau, il cosiddetto «sistema operativo del M5S».

Un sistema di voto pubblico realizzato tramite un algoritmo privato, chiuso e segreto come quelli di Google o di Facebook, è una contraddizione in termini inaccettabile. Perché? La ragione è pratica e semplicissima: perché nessuno può sapere come quel sistema trasforma l’input in output. Nessuno può sapere se 10 NO in ingresso si tradurranno in 10 NO in uscita, oppure in 1, o magari in 100. Nessuno, se non chi lo programma. Per giunta al coperto di una organizzazione di opacità quasi totale.

È assurdo ma significativo che un movimento che poneva la trasparenza come valore morale primario non abbia prodotto un open source, il codice aperto a verifiche e integrazioni indipendenti che Beppe Grillo, giustamente, aveva sempre esaltato. È opensource infatti la piattaforma più famosa per la democrazia diretta, LiquidFeedback, rilasciata al pubblico in codice sorgente con una licenza estremamente liberale (MIT).

Se il M5S avesse seguito questa strada, così affine alla sua natura originaria, i suoi esperimenti di democrazia diretta avrebbero avuto qualche senso perché Rousseau avrebbe arricchito i beni comuni e la veridicità dei suoi processi sarebbero stati garantiti. Senza contare che funzionerebbe sicuramente meglio (lunedì 18 era quasi sempre down).

Al contrario, purtroppo, Rousseau appartiene in pieno alla nefanda categoria delle black box recentemente denunciate da molti come il giurista Frank Pasquale e la matematica Cathy O’Neil: i programmi-oracoli che decidono dei destini delle persone senza controllo, senza contraddittorio, senza feedback di correzione. Intelligenza scarsa, trasparenza zero. È difficile trovarsi in mani peggiori.

Queste scatole nere di cui non sappiamo nulla sono spacciate dalle aziende profit che ne sono proprietarie come il non plus ultra della modernità. Ma allo stesso tempo, invece, ci chiedono di affidarci a loro con un puro atto di fede.

Non è una beffa? Certo che lo è. Questa è la beffa più tipica del nostro tempo finto-scientifico. Una menzogna pericolosa, della quale bisogna essere consapevoli e liberarsi.