Proseguiamo con la rassegna dei nostri psicofarmaci sotto specie di formule. Questa terza puntata è dedicata alla soddisfazione.
La cosiddetta Qualità Totale è il sedicente «metodo scientifico» attualmente dominante nella gestione aziendale. Per inciso, va detto che si tratta di una traduzione sbagliata dall’inglese Total Quality Management, in cui Total era riferito a Management e non a Quality.
Il primo dei suoi mantra, l’«orientamento al cliente», ha sviluppato varie almanaccature formali per misurare la soddisfazione del medesimo cliente. Immancabilmente ha finito per affascinare anche gli amministratori pubblici modernisti, che si son detti: “basta pensare la città come azienda e il cittadino come cliente, ed ecco che possiamo applicare anche noi questi metodi così avanzati!”.
Purtroppo questo è proprio l’ambito in cui il metodo scientifico è fuori causa, e lo dimostra la seguente mirabile formula che spiega come ottenere la soddisfazione del cliente o del cittadino:

Qual è il problema di questa formula? Che mischia sfacciatamente i termini profondamente sfumati e soggettivi della nostra vita quotidiana – “qualità”, “percepito”, “esperienza”, “soddisfazione” – con la rigidità astratta di operazioni aritmetiche che richiedono operandi numerici. Come nei tanti casi simili, il risultato è sempre un pasticcio indefinibile e paradossale che sembra scienza, mentre invece è una specie di poesia confusa che non vuol dire niente e allontana la comprensione delle cose, invece di avvicinarla.
Solo una persona con un autentico interesse può capire se un’altra persona è “soddisfatta” e in che senso. E non lo fa con formule né numeri ma mediante il rispecchiamento naturale tra i corpo, con i sensi, con il dialogo. Diffidate dai surrogati.