Dopo il finto dipinto a olio generato da un computer e battuto all’asta da Christie’s qualche mese fa, ora con la sinfonia incompiuta di Schubert “completata” da una IA by Huawei tocca alla musica il secondo capitolo di questo nuovo mito ridicolo: l’arte prodotta dall’Intelligenza Artificiale.
Perché ridicolo e perché mito? Semplice.
Il diritto d’autore definisce giustamente l’opera originale dell’ingegno come
il risultato di una elaborazione intellettuale che riveli la personalità dell’autore.
In questo sta l’originalità, e il suo interesse per noi che ne godiamo. Ovvio che nel caso di una macchina questa personalità non esiste.
Resterebbe un interesse superficiale, puramente estetico. Ma con tutta la meravigliosa arte autentica che c’è, chi mai ha bisogno di quadro in più a imitazione di modelli antichi, o dell’altra musica sinfonica a imitazione di Schubert? Proprio nessuno. E qui sta il ridicolo.
(Ma anche: come fa Huawei, per non dire un telefono cellulare Mate 20 Pro, a dire che la sinfonia è stata “completata”? In che senso? Solo un autore può dire quando una sua opera è completa.)
Il carattere di mito è dovuto alla finalità pubblicitaria che c’è dietro questi exploit. La marchetta è più che mai evidente nel caso Huawei che ha usato «l’intelligenza artificiale di un Mate 20 Pro», come specifica l’annuncio, e ha pagato un sacco di gente per metter su l’evento invitando influencer prezzolati o facilmente suggestionabili (vedi Giovanni Allevi, vittima perfetta) per far da cassa di risonanza a questa vuota fiction.
Roba che dovrebbe far inorridire o almeno sorridere chi ha una minima idea di cosa sia l’arte e perché sia così importante per noi #incalcolabili.